Invito al Papa Francesco alla collaborazione

Giornale LaRegione del 15.03.2013 intervista all'Imam Jelassi:


«È un Papa di un’altra realtà, di un altro continente. Questo è senz’altro un aspetto positivo, perché dimostra che al mondo c’è diversità». A parlare è l’Imam di Lugano, Samir Radouan Jelassi, a cui abbiamo chiesto un giudizio sulla scelta del Conclave romano. «Penso che Papa Francesco porterà altra energia e una visione che, seppur rispettosa della tradizione cristiana, sarà più aperta al mondo. Un mondo fatto di nazioni, popoli, culture e religioni diversi». Le prime sensazioni lasciano spazio alle aspettative. «Come musulmani ci aspettiamo che approfondisca il dialogo anche verso la nostra religione: un percorso di apertura che è già iniziato, ma che va ulteriormente allargato. Il rispetto e la convivenza pacifica si costruiscono sulla conoscenza». Secondo Jelassi il Papa dovrà poi adoperarsi nel portare un messaggio di pace. «Lui, come tutti gli uomini di religione, devono impegnarsi in questo. Al mondo i problemi sono tanti: guerre, povertà, discrminazione e violenza. Fenomeni che per essere curati hanno bisogno di saggi. I religiosi hanno questo compito. Auspico che il Papa trovi la giusta collaborazione». In Ticino questo incontro si concretizza nel “Forum di dialogo interreligioso”. «Stiamo lavorando per spiegare il bene che la religione porta alla società. È importante che questo cammino venga fatto a tutti i livelli».



Intervista giornale "Il Caffé" del 17.03.2013 a Gasmi Slaheddine (Presidente LMT) in forma di lettera al Papa Francesco I:


Papa della Chiesa di Roma, nel nostro piccolo Ticino, il dialogo tra islamici e cattolici è iniziato da tempo. Don Mino, il vescovo di Lugano, è venuto da noi, in Moschea. Un gesto che abbiamo apprezzato e che ha aperto le porte a un confronto che va avanti. Un piccolo esempio, di come dal basso, dalla realtà in cui viviamo, si possa tessere un dialogo profondo. Io credo che tutti noi, uomini di fede, vogliamo, dobbiamo percorrere, nel rispetto delle differenze e delle credenze, un cammino di speranza. Questo si può fare a tutti i livelli. E d’altronde non ho mai sentito un musulmano parlare male di un cattolico, perché la nostra religione si basa sul profondo rispetto degli altri. Lo dice il Corano. E noi ci crediamo davvero. Mi piacerebbe che tutti i cattolici, come tutti gli ebrei, cercassero di comprendere, conoscendola, la nostra fede. Perché con la conoscenza si tagliano via le incomprensioni e le diffidenze; con la conoscenza si apre il cammino del dialogo. Conoscendoci meglio si possono portare avanti valori comuni come la pace, la fratellanza tra i popoli, la lotta al razzismo, il rispetto della persona umana. Il dialogo è un germoglio per una nuova primavera.

Ma per cercare e trovare il dialogo occorre innanzitutto essere cittadini di questo mondo. E noi, dove viviamo, lo siamo. In Svizzera come in Italia, rispettando le leggi e la convivenza civile, pagando le tasse come tutti e lavorando, possedendo diritti e doveri uguali agli altri cittadini. La nostra presenza, poi, è una presenza che punta al dialogo. Il nostro Imam, per esempio, fa parte della commissione federale sul dialogo tra religioni. Un segno evidente di quanto sia presente la comunità musulmana a livello nazionale. Essere parte di tante religioni, accettare le regole, è il segno distintivo di un Paese che ha voglia di crescere. E questo, ci piacerebbe accadesse anche a livello internazionale, a un livello più alto. Perché voglio ricordare che per noi musulmani, la nostra fede non è completa se non crediamo alle altre religioni monoteiste e non le rispettiamo allo stesso livello della nostra.



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