Destra e musulmani più vicini, l’Udc a piedi scalzi in moschea
di CLEMENTE MAZZETTA
Metti un deputato dell’Udc e un imam, portali all’interno di una moschea. Falli sedere per terra, uno di fronte all’altro, a discutere di minareti, del divieto su cui si voterà il prossimo 29 novembre. Il risultato? Un primo esercizio di un dialogo fra opposte posizioni, che ha avuto come protagonisti il deputato dell’Udc Marco Chiesa e l’Iman Sheikh Samir Jelassi Radouan.
Chiesa, giacca e cravatta, si è appena tolto le scarpe, all’ingresso della moschea, ed ecco che gli viene incontro l’iman Jelassi Radoua con la classica tunica color caffelatte: “Salam aleikum”.
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Metti un deputato dell’Udc e un imam, portali all’interno di una moschea. Falli sedere per terra, uno di fronte all’altro, a discutere di minareti, del divieto su cui si voterà il prossimo 29 novembre. Il risultato? Un primo esercizio di un dialogo fra opposte posizioni, che ha avuto come protagonisti il deputato dell’Udc Marco Chiesa e l’Iman Sheikh Samir Jelassi Radouan.
Chiesa, giacca e cravatta, si è appena tolto le scarpe, all’ingresso della moschea, ed ecco che gli viene incontro l’iman Jelassi Radoua con la classica tunica color caffelatte: “Salam aleikum”.
Poi si entra. I due si “accucciano” per terra, sui tappeti che ricoprono il pavimento, una stanza sei metri per sei. Chiesa incrocia le gambe: resterà così per tutto il dibattito, un’oretta, senza fare una piega. “Inevitabile che sia io a discutere con voi sono originario di Viganello… – cerca di scherzare –; non per niente mi chiamo Chiesa”. Per smorzare la tensione, che si avverte palpabile – si saprà che non tutti erano favorevoli a questo incontro - l’imam sorride calorosamente. Fa sedere attorno gli ultimi musulmani che si sono attardati nella preghiera. “Non abbiamo armi, e visto che siamo tutti sullo stesso terreno – per terra – penso arriverà la saggezza”.
Nessuna immagine sulle pareti della moschea, solo scritte in arabo, bellissime e misteriose.
Chiesa inizia spiegando di esser a favore della libertà di religione, “ma contro l’ostentazione di simboli, come il minareto, costruzione non necessaria, come ha detto anche Youssef Nada (l’ingegnere italo-egiziano che era stato iscritto nel 2001 nella “Black List” poi scagionato grazie anche al senatore Dick Marty)”, ribatte un musulmano in modo concitato: “Ma Nada è un bussinesman non un uomo di religione”
Chiesa insiste: “Sarebbe un bel gesto da parte della comunità musulmana rinunciare ad una simbologia che può essere letta come simbologia di superiorità islamica, perché siete da noi come parte integrante della società, ma parte minoritaria”.
Attorno si sente un brusio di disapprovazione. L’imam imperturbabile, chiede ai presenti di stare in silenzio. Sorride e ribatte: “Non si può negare che il minareto è un componente della moschea. Io, come musulmano, non mi permetto di dire ai cristiani di costruire la loro casa di culto in un certo modo, seguendo un determinato modello”. Poi l’affondo. Mette una mano sul ginocchio di Chiesa in modo amichevole, e dice: “Se la costituzione svizzera garantisce la libertà di culto, garantisce e rispetta anche i luoghi e le costruzioni dei luoghi di culto”.
Sheikh Samir Jelassi Radouan, 40 anni è originario di Tunisi, che ha proprio una cattedrale con due torri campanarie. “Da noi c’è una convivenza pacifica fra cristiani, musulmani ed ebrei”.
Chiesa contesta che l’Udc voglia dare avvio ad una guerra di religione: “Parliamo solo di identità. Anche in Indonesia le moschee non hanno i minareti...”.
“E dov’è il problema – l’interrompe uno dei presenti -. Se i musulmani decidono di costruire una moschea con o senza minareti, è un problema loro”.
L’imam, chiede calma e riprende i dibattito. Appoggia di nuovo una mano sul ginocchio di Chiesa, lo guarda negli occhi: “Ma oggi, in Svizzera, ci si vuole obbligare a non costruirli: questa è discriminazione”.
“Ma anche noi ci sentiamo discriminati come cristiani se il nostro vescovo non può visitare le scuole, se non possiamo esporre i crocifissi – ribatte Chiesa -. E mentre ci dicono di togliere i simboli cristiani, vediamo una comunità come quella musulmana che vuole esporre con molta evidenza un elemento importante come il minareto…”.
Pausa. Poi aggiunge: “Ma al mio amico fratello musulmano non precludo di esercitare la sua fede”.
L’ imam alla parola “amico” si illumina: “Certo, ma noi viviamo in una società multiculturale e, secondo, domandiamoci: chi sono i musulmani della Svizzera? Sono cittadini di questo Paese, o sono cittadini di secondo grado?”.
Il dibattito dopo una mezz’oretta si è fatto un po’ concitato. Si parla di tutto. Anche dei campanili. Il ghiaccio è rotto. L’imam conclude “Abbiamo una sfida enorme: costruire una cultura per poter vivere in armonia insieme”. E Chiesa di rimando. “Noi vogliamo sostenere le tradizioni cristiane. Ma voi siete parte integrante della svizzera”. Alla fine si abbracciano.
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