CdT.ch - La via islamica alla democrazia

CdT.ch - La via islamica alla democrazia
di ALESSANDRO LETO -

La prima fase della Primavera araba si chiude proprio dove tutto era cominciato, in Tunisia, con nuove elezioni autenticamente democratiche e pluraliste. Ha vinto Annahda, partito di ispirazione islamica moderata, da lungo tempo esiliato dalla vita politica e i cui dirigenti, pur se perseguitati dalla repressione di Ben Ali, rifuggono la violenza come forma di lotta politica. Questa formazione, dal nome tipicamente confessionale (Rinascita), si ispira all’AKP turco di Erdogan, capace di coniugare valori islamici pur all’interno di un quadro di riferimento istituzionale di chiara matrice laica. Ma vincere le elezioni è solo il primo passo di un lungo cammino che prevede innanzitutto la pacificazione nazionale, poi la formazione di un governo di coalizione ed infine la stesura di una nuova costituzione condivisa.
Sarà un percorso complesso, che passa obbligatoriamente per il recupero dell’ordine pubblico dopo i disordini postelettorali scoppiati – ironia della sorte – proprio a Sidi Bouzid, città simbolo della Rivoluzione dei gelsomini, dove s’immolò l’ambulante abusivo Mohammed Bouazizi. Lì il caos, preorganizzato, è scoppiato per l’esclusione della lista elettorale riconducibile ad esponenti del clan di Ben Ali, ma è scivolata velocemente sul piano inclinato del saccheggio, a danno soprattutto del locale tribunale dove si custodisce la droga sequestrata.
L’analisi del voto tunisino incoraggia anche una riflessione sull’Egitto, che sarà chiamato alle urne tra circa un mese, in un quadro significativamente diverso, ma che presenta molti tratti storicamente analoghi, comuni a buona parte dell’Africa mediterranea. Se prima infatti si affermò, sull’onda dell’indipendenza, una lunga stagione di governo laico, panarabo e socialista – che trovò in Nasser il suo più lucido interprete (quasi un profeta) e nelle gerarchie militari perpetuò la gestione del potere –, ebbene adesso è chiaro che la tendenza dominante è favorevole ai movimenti politici di ispirazione religiosa, lontani tuttavia dal fanatismo che ha recentemente inquinato l’Islam in certe aree del mondo.
Ciò è dovuto in parte al tentativo di marcare la differenza con il mondo occidentale che – non dimentichiamolo – ha sostenuto e blandito fino all’ultimo tiranni e dittatori che hanno governato quei Paesi, salvo poi schierarsi dalla parte del popolo vincitore a cose fatte, con grave danno per la credibilità dei governi europei e di Washington, ai quali però le nuove leadership emergenti di Tunisi e del Cairo hanno subito mandato messaggi rassicuranti sulla continuità delle relazioni commerciali e strategiche in essere.
In questo modo hanno seguito con lucida lungimiranza la strada tracciata da Ankara e rifiutato l’esempio provocatorio di Teheran. Anche se Tunisia ed Egitto hanno storie, dimensioni e strutture sociali differenti, sembra che abbiano scelto entrambe la via dell’Islam moderato ed il rispetto di una costituzione laica come quadro condiviso di regole di civile e comune convivenza.
È solo l’inizio del cammino, è vero, ma la premessa è incoraggiante e, se le elezioni in Egitto premieranno liste ispirate dalla Fratellanza mussulmana sì, ma rispettose della Costituzione che garantisce laicamente i diritti civili e religiosi (questo sarà il vero banco di prova), allora potrebbe nascere una nuova via islamica alla democrazia, come già avviene in altre parti del mondo.
Per chiudere il cerchio manca all’appello la Libia, ma visto l’epilogo della caccia al colonnello Gheddafi ed il ruolo bellico svolto dalla NATO nella caduta del regime, tutto in questo Paese si complica: sarà certamente un’altra storia.


Comments

Più letti ultima settimana

Musulmani vittime di discriminazione

Samir Jelassi: «È Erdogan a ispirarsi ai tunisini»

Che cosa é l'Islam?

Germania: avanza il razzismo islamofobo

IL TERRORISMO COME STRATEGIA MILITARE - LA SVIZZERA SI SALVA DALLA MINACCIA

L'islamofobia nei politici svizzeri