Siria, i perché della strage continua - LaRegione

di Aldo Sofia - LaRegione 05/29/2012

almeno 110 morti a Hula (Siria) il 25.05.2012, la metà bambini
Nell’infnita carneficina siriana, i corpicini straziati dei bambini di Hula faranno presto parte di quella galleria dell’orrore che si ripropone a ogni strage, ma che viene presto dimenticata. È così da oltre un anno. Non sarà quest’altra barbarie a cambiare le cose. Illusoria l’idea che stavolta si sia superato ogni limite, che l’assuefazione e l’amnesia collettiva possano finalmente sbriciolarsi di fronte all’inguardabile, che la comunità internazionale trovi una piattaforma condivisa per soffocare la logica delle rappresaglie, delle punizioni collettive, dei bombardamenti di interi quartieri nelle città “martiri” o “ribelli”.
Addirittura ridicola, se non offensiva, la dichiarazione del generale comandante dei disarmati caschi blu dell’Onu che parla di una Siria “avviata alla guerra civile”.

Come se, da tempo, quello a cui assistiamo sia un conflitto d’altro genere. Semmai, è una guerra civile su cui si innesta uno “scontro per procura” fra interessi contrastanti e che rischia di infiammare tutta la regione.



Kofi Annan a Damasco, 12.04.2012
Ecco perché fin dalla sua proclamazione, il 12 aprile scorso, il cessate il fuoco previsto dal fragilissimo “piano Annan” aveva suscitato soltanto forti dubbi e generale scetticismo. In sostanza, la tregua non c’è mai stata, e lo testimoniano gli oltre trecento morti degli ultimi cinquanta giorni. Fino a Hula, dove è stato commesso dall’esercito uno dei peggiori massacri da quando sono iniziate le proteste contro il presidente Bachar El Assad.
Impossibile che le armi improvvisamente tacessero. Il regime pensava di servirsi del cessate il fuoco come schermo dietro cui nascondere la repressione; l’Esercito libero siriano aveva accettato il piano di Kofi Annan nella speranza che fosse la premessa del suo riconoscimento da parte del “clan” al potere a Damasco. Così non è stato, né per gli uni né per gli altri.

Maher e Bashar Al-Assad
Si perpetua dunque l’ordinaria barbarie. Con Assad che può contare su tre vantaggi oggettivi. Il primo è che le forze speciali guidate dal fratello Maher (la famigerata Quarta Brigata) possiedono le armi pesanti che consentono di mettere a ferro e fuoco i quartieri in rivolta prima di procedere alla “bonifica” casa per casa. Secondo vantaggio, le divisioni che indeboliscono il fronte dell’opposizione, divisa sulla militarizzazione di una rivolta che sarebbe stata infiltrata anche da elementi stranieri del radicalismo islamico armato, al Qaida per esempio.

Terzo e determinante “atout” di Damasco, gli Assad possono contare sull’appoggio di Russia e Cina, e sul generalizzato timore di una internazionalizzazione della guerra civile siriana. Uno sconfinamento della crisi potrebbe travolgere il fragilissimo mosaico libanese; incoraggiare l’Iran a innescare attacchi anti-israeliani da parte di Hezbollah; accrescere le pressioni di Teheran sugli sciiti al potere in Iraq in funzione antioccidentale; accendere definitivamente la miccia dello scontro irrisolto all’interno del Mondo islamico fra maggioranza sunnita e settarismo sciita.

Uno scenario da incubo per le cancellerie occidentali, che infatti non hanno mai seriamente pensato a una “soluzione libica” della crisi siriana. La Siria non è la Libia, non ha grandi spazi desertici su cui inseguire o stoppare il nemico, ha concentrazioni urbane che rischierebbero molte vittime civili da “fuoco amico”, ma soprattutto è un tassello in crisi all’incrocio di tanti altri potenziali conflitti.
Conclusione: l’Occidente ha davanti a sé due strade entrambe a rischio: puntare su una missione Onu di cui Damasco per lo più si serve come paravento per continuare il “lavoro sporco”, oppure rimpatriare gli osservatori pur nella consapevolezza che la guerra civile si incancrenirebbe e sarebbe poi difficile negare agli insorti (di cui in parte diffida) le armi richieste. Per ora, una terza via appare difficile. Se non impossibile. Per questo qualcuno sostiene da tempo che quel piano di pace sembra una “trappola perfetta” in favore di Damasco.

Osservatori ONU a Homs (Siria)

A proposito di organizzazioni terroristiche, leggete questo articolo

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