Islamofobia: Chi ha il monopolio delle traduzioni dall'arabo per l'Occidente?
La selettività del Memri
In aggiunta ecco un nuovo servizio di Al-Jazeera english sul tema di MEMRI.
Leggi anche:
Indagine di Brian Whitaker sull'istituto "indipedente" che traduce articoli della stampa araba.
10 agosto 2004 - Brian Whitaker (trad. S. Fusari)
Fonte: The Guardian - 12 agosto 2002
Da un po' di tempo, ricevo piccoli regali da un generoso istituto statunitense: si tratta di ottime traduzioni di articoli della stampa araba, che l'istituto mi invia per e-mail ogni tre o quattro giorni, assolutamente gratis. Queste e-mail, che arrivano anche a politici, accademici e a molti altri giornalisti, di solito contengono informazioni interessanti.
Quando mi arriva un'e-mail da questo istituto, altri miei colleghi del Guardian ne ricevono una copia e me la inoltrano, talvolta invitandomi a verificare la notizia e a scrivere un articolo. Se poi questo messaggio arriva da un superiore, mi sento in dovere di scriverci sopra qualcosa. Mi è successo proprio la scorsa settimana, quando è arrivato un pezzo - un paio di paragrafi, tradotti dall'istituto - in cui un ex medico dell'esercito iracheno affermava che Saddam Hussein in persona avesse ordinato di amputare le orecchie ai disertori.
L'organizzazione che traduce questi testi e li invia per e-mail è il Middle East Media Research Institute (MEMRI), che ha sede a Wahington, ma recentemente ha aperto filiali a Londra, Berlino e Gerusalemme. Finanziata dai contribuenti statunitensi in quanto organismo "indipendente, senza affiliazioni politiche e non profit", gode dei benefici fiscali concessi alle organizzazioni di pubblica utilità secondo la legge statunitense. Lo scopo del Memri, come spiega il suo sito Web, consiste nel colmare il gap linguistico tra l'Occidente - dove ben pochi parlano l'arabo - e il Medioriente, offrendo "rapide traduzioni delle notizie pubblicate in arabo, farsi ed ebraico".
Malgrado questi edificanti proclami, mi accorgo di diverse cose che non vanno quando mi si chiede di
approfondire un articolo diffuso dal Memri. Innanzitutto, l'organizzazione è alquanto misteriosa. Sul sito Web non figurano nomi di persone da contattare né l'indirizzo di un ufficio.
La ragione di tanta segretezza, secondo un ex impiegato - è che "non vogliono che un brutto giorno bussi alla loro porta un kamikaze" (Washington Times, 20 giugno). Eppure a me sembra una precauzione un po' eccessiva per un istituto che altro non vuole se non oltrepassare la barriera linguistica tra Oriente e Occidente. La seconda cosa che non va è che gli articoli selezionati per traduzione dal Memri seguono tutti un certo copione: o riflettono un tratto negativo del carattere arabo, oppure promuovono in qualche modo l'agenda politica di Israele. E non sono il solo ad aver notato questa stranezza.
In un'intervista con il Washington Times, Ibrahim Hooper, del Council on American-Islamic Relations, ha affermato che "l'intento del Memri consiste nel reperire le peggiori esternazioni pronunciate nel mondo musulmano per poi diffonderle il più possibile".
Il Memri potrebbe ovviamente ribattere che, nel sottolineare esempi plateali di intolleranza e di estremismo, si propone di far avanzare la causa dei moderati. Ma quand'è così, mi aspetterei - dal momento che l'istituto professa di non avere affiliazioni politiche - che comparissero anche articoli estremisti provenienti dalla stampa israeliana. Invece, per quanto il Memri sostenga di tradurre anche dall'ebraico, personalmente non ho mai ricevuto articoli della stampa israeliana.
Osservando il sito Web del Memri, viene anche da chiedersi se sia davvero privo di affiliazioni politiche, perché oltre a sostenere la democrazia liberale, la società civile e il libero mercato, all'istituto preme anche sottolineare "l'importanza sempre attuale del sionismo per il popolo ebraico e per lo Stato di Israele". Così perlomeno si leggeva sul sito fino a qualche tempo fa, ma le parole sul sionismo sono state cancellate, anche se la pagina originale si può ancora trovare negli archivi disponibili su Internet.
Le ragioni dell'aria di segretezza che circonda il Memri si chiariscono quando scopriamo i nomi dei suoi promotori. Il co-fondatore e presidente del Memri, nonché responsabile del sito Web, è un israeliano di nome Yigal Carmon. Il Signor Carmon o, per meglio dire, il Colonnello Carmon, ha servito per 22 anni nell'intelligence militare israeliana, per poi divenire consigliere per l'antiterrorismo di ben due premieri israeliani, Yitzhak Shamir e Yitzhak Rabin.
Scaricando un'altra pagina non più attiva dagli archivi del sito del Memri, si ottiene anche una lista del personale. Dei sei nomi elencati, ben tre, compreso il Colonnello Carmon, hanno lavorato per l'intelligence israeliana. Per quanto riguarda gli altri tre, uno ha servito nell'esercito israeliano, uno ha una formazione accademica e l'ultimo è un ex attore. Ad aver fondato il Memri insieme al Colonnello Carmon è Meyrav Wurmser, direttrice del Centre for Middle East Policy presso l'Hudson Institute di Indianapolis, che si autodefinisce come "il primo istituto americano di ricerca applicata per i problemi politici più perseveranti". L'onnipresente Richard Perle, che presiede la commissione per le politiche di difesa al Pentagono, è entrato di recente a far parte del consiglio di amministrazione dell'Hudson Institute.
Wurmser è anche autrice di un articolo di ricerca intitolato "Can Israel Survive Post-Zionist?" (Israele può sopravvivere al post-sionismo?), in cui sostiene che gli intellettuali della sinistra israeliana rappresenterebbero "ben più che una minaccia momentanea" allo Stato di Israele, in quanto ne minaccerebbero l'anima riducendone la motivazione all'autodifesa.
Oltre a ciò, Wurmser è un'esperta di questioni mediorientali qualificata, faconda e di fama internazionale, la cui presenza è in grado di trasformare qualunque "iniziativa pubblica, trasmissione radiofonica o spettacolo televisivo in un evento unico", secondo Benador Associates, una società di pubbliche relazione che cura la sua immagine.
Nessuno, per quanto ne so, ha mai messo in discussione la qualità delle traduzioni del Memri: sono infatti ben altre le ragioni per cui il suo operato suscita preoccupazioni.
L'e-mail diffusa la settimana scorsa, secondo cui Saddam Hussein avrebbe ordinato di tagliare le orecchie ai disertori, era un estratto di un lungo articolo uscito sul giornale in lingua araba al-Hayat: l'autore dell'articolo, Adil Awadh, sosteneva che le sue fossero notizie di prima mano.
In realtà, le dichiarazioni di Awadh risalgono a quattro anni orsono, quando il giornalista aveva forti motivazioni personali per diffonderle. Secondo un articolo uscito sul Washington Post nel 1998, Awadh inserì il racconto delle amputazioni nella sua richiesta di asilo politico negli Stati Uniti. Awadh era infatti stato arrestato negli USA insieme ad altri cinque iracheni perché sospettato di essere un terrorista o un agente segreto iracheno, e cercava così di dimostrare che gli americani si stavano sbagliando.
Quest'anno, il Memri ha ottenuto due ottimi risultati per la propaganda contro l'Arabia Saudita. Il primo è stato raggiunto grazie alla traduzione di un articolo del giornale al-Riyadh in cui un'editorialista accusava gli ebrei di usare sangue di bambini cristiani o musulmani per impastare i dolci da servire per la festa di Purim. L'autrice dell'articolo, pur essendo una docente universitaria, riportava evidentemente un vecchio aneddoto antisemita che risale addirittura al Medioevo: l'unica cosa che questo articolo poteva dimostrare era quindi l'ignoranza di molti arabi - anche di cultura universitaria - sull'ebraismo e su Israele e la loro credulità nei confronti di storie così assurde. Il Memri è invece arrivato a sostenere che al-Riyadh fosse un "giornale di Stato" - mentre appartiene a una società privata - quasi a indicare che questo articolo fosse approvato a livello istituzionale.
Il direttore di al-Riyadh, che ha sostenuto di non aver visto l'articolo prima della pubblicazione in quanto si trovava all'estero, si è affrettato a porgere le sue scuse e a licenziare l'editorialista, ma ormai il danno era fatto.
Il secondo successo riscosso dal Memri è del mese successivo, quando l'ambasciatore saudita a Londra ha scritto una poesia intitolata "I martiri" su di una giovane donna kamikaze, pubblicandola sul quotidiano al-Hayat. Il Memri ha diffuso alcuni estratti tradotti della poesia, sostenendo che "decantava i kamikaze". Se questo sia il vero messaggio della poesia dipende dalle interpretazioni: è più plausibile che l'opera vada letta come una condanna dell'inefficacia politica dei leader arabi, ma i media occidentali hanno rilanciato l'interpetazione del Memri quasi senza metterla in discussione.
I due incidenti che hanno coinvolto l'Arabia Saudita non vanno visti come fatti isolati, ma fanno parte di una campagna contro questo paese, volta a convincere gli Stati Uniti a trattarlo da nemico anziché da alleato, una campagna intrapresa dal governo israeliano e dai neoconservatori americani fin dall'inizio di quest'anno: uno dei suoi aspetti è stato lo stravagante briefing antisaudita tenuto da Richard Perle al Pentagono un mese fa.
Agli occhi di chi legge regolarmente i quotidiani arabi, è evidente che il Memri rilancia solo le notizie che collimano con la sua agenda e che non fornisce un campione rappresentativo dei contenuti generali delle testate.
Il pericolo è che molti parlamentari e opinion makers che non sanno l'arabo, ma ricevono le e-mail del Memri, si facciano l'idea che questi estremismi siano non soltanto rappresentativi, ma anche conformi alle politiche degli Stati arabi.
Il Colonnello Carmon, dal canto suo, sembra ben lieto di diffondere questa convinzione. Chiamato a Washington in aprile per rendere una dichiarazione alla commissione della Camera dei Rappresentanti per le relazioni internazionali, il Colonnello ha infatti rappresentato i media arabi nel quadro di un vasto sistema di indottrinamento governativo.
"I media controllati dagli Stati arabi diffondono odio nei confronti dell'Occidente, specialmente degli Stati Uniti", ha detto. "Prima dell'11 settembre, spesso si trovavano articoli che approvavano o addirittura caldeggiavano attentati terroristici contro gli USA...".
"Talvolta gli Stati Uniti sono paragonati alla Germania nazista, il Presidente Bush a Hitler, Guantanamo ad Auschwitz", ha spiegato.
Parlando della rete satellitare Al-Jazeera, Carmon ha aggiunto: "quasi tutti gli ospiti e le persone che telefonano in studio sono palesemente antiamericani e antisemiti".
Purtroppo, di questi tempi, è su generalizzazioni semplicistiche come queste che si fonda la politica estera americana.
Quanto ai rapporti tra l'Occidente e il mondo arabo, quella linguistica è una barriera che perpetua l'ignoranza e che lascia ampio spazio al malinteso. Basta un gruppo di israeliani, sparuto, ma attivo, per sfruttare ad arte questa barriera per deteriorare l'opinione occidentale sugli arabi.
Non è difficile capire che cosa potrebbero fare gli arabi per contrastare questo fenomeno. Basterebbe che un gruppo di società editoriali arabe si accordasse per pubblicare una selezione di traduzioni volte a dare un'immagine più veritiera del contenuto dei loro giornali. Senz'altro non si tratta di un'impresa al di sopra dei loro mezzi, ma, come spesso avviene, forse preferiscono lasciar fare, per poi lamentarsi delle macchinazioni dei veterani dell'intelligence israeliana.
Sorgente: Peacelink
Quando mi arriva un'e-mail da questo istituto, altri miei colleghi del Guardian ne ricevono una copia e me la inoltrano, talvolta invitandomi a verificare la notizia e a scrivere un articolo. Se poi questo messaggio arriva da un superiore, mi sento in dovere di scriverci sopra qualcosa. Mi è successo proprio la scorsa settimana, quando è arrivato un pezzo - un paio di paragrafi, tradotti dall'istituto - in cui un ex medico dell'esercito iracheno affermava che Saddam Hussein in persona avesse ordinato di amputare le orecchie ai disertori.
L'organizzazione che traduce questi testi e li invia per e-mail è il Middle East Media Research Institute (MEMRI), che ha sede a Wahington, ma recentemente ha aperto filiali a Londra, Berlino e Gerusalemme. Finanziata dai contribuenti statunitensi in quanto organismo "indipendente, senza affiliazioni politiche e non profit", gode dei benefici fiscali concessi alle organizzazioni di pubblica utilità secondo la legge statunitense. Lo scopo del Memri, come spiega il suo sito Web, consiste nel colmare il gap linguistico tra l'Occidente - dove ben pochi parlano l'arabo - e il Medioriente, offrendo "rapide traduzioni delle notizie pubblicate in arabo, farsi ed ebraico".
Malgrado questi edificanti proclami, mi accorgo di diverse cose che non vanno quando mi si chiede di
approfondire un articolo diffuso dal Memri. Innanzitutto, l'organizzazione è alquanto misteriosa. Sul sito Web non figurano nomi di persone da contattare né l'indirizzo di un ufficio.
La ragione di tanta segretezza, secondo un ex impiegato - è che "non vogliono che un brutto giorno bussi alla loro porta un kamikaze" (Washington Times, 20 giugno). Eppure a me sembra una precauzione un po' eccessiva per un istituto che altro non vuole se non oltrepassare la barriera linguistica tra Oriente e Occidente. La seconda cosa che non va è che gli articoli selezionati per traduzione dal Memri seguono tutti un certo copione: o riflettono un tratto negativo del carattere arabo, oppure promuovono in qualche modo l'agenda politica di Israele. E non sono il solo ad aver notato questa stranezza.
In un'intervista con il Washington Times, Ibrahim Hooper, del Council on American-Islamic Relations, ha affermato che "l'intento del Memri consiste nel reperire le peggiori esternazioni pronunciate nel mondo musulmano per poi diffonderle il più possibile".
Il Memri potrebbe ovviamente ribattere che, nel sottolineare esempi plateali di intolleranza e di estremismo, si propone di far avanzare la causa dei moderati. Ma quand'è così, mi aspetterei - dal momento che l'istituto professa di non avere affiliazioni politiche - che comparissero anche articoli estremisti provenienti dalla stampa israeliana. Invece, per quanto il Memri sostenga di tradurre anche dall'ebraico, personalmente non ho mai ricevuto articoli della stampa israeliana.
Osservando il sito Web del Memri, viene anche da chiedersi se sia davvero privo di affiliazioni politiche, perché oltre a sostenere la democrazia liberale, la società civile e il libero mercato, all'istituto preme anche sottolineare "l'importanza sempre attuale del sionismo per il popolo ebraico e per lo Stato di Israele". Così perlomeno si leggeva sul sito fino a qualche tempo fa, ma le parole sul sionismo sono state cancellate, anche se la pagina originale si può ancora trovare negli archivi disponibili su Internet.
Le ragioni dell'aria di segretezza che circonda il Memri si chiariscono quando scopriamo i nomi dei suoi promotori. Il co-fondatore e presidente del Memri, nonché responsabile del sito Web, è un israeliano di nome Yigal Carmon. Il Signor Carmon o, per meglio dire, il Colonnello Carmon, ha servito per 22 anni nell'intelligence militare israeliana, per poi divenire consigliere per l'antiterrorismo di ben due premieri israeliani, Yitzhak Shamir e Yitzhak Rabin.
Scaricando un'altra pagina non più attiva dagli archivi del sito del Memri, si ottiene anche una lista del personale. Dei sei nomi elencati, ben tre, compreso il Colonnello Carmon, hanno lavorato per l'intelligence israeliana. Per quanto riguarda gli altri tre, uno ha servito nell'esercito israeliano, uno ha una formazione accademica e l'ultimo è un ex attore. Ad aver fondato il Memri insieme al Colonnello Carmon è Meyrav Wurmser, direttrice del Centre for Middle East Policy presso l'Hudson Institute di Indianapolis, che si autodefinisce come "il primo istituto americano di ricerca applicata per i problemi politici più perseveranti". L'onnipresente Richard Perle, che presiede la commissione per le politiche di difesa al Pentagono, è entrato di recente a far parte del consiglio di amministrazione dell'Hudson Institute.
Wurmser è anche autrice di un articolo di ricerca intitolato "Can Israel Survive Post-Zionist?" (Israele può sopravvivere al post-sionismo?), in cui sostiene che gli intellettuali della sinistra israeliana rappresenterebbero "ben più che una minaccia momentanea" allo Stato di Israele, in quanto ne minaccerebbero l'anima riducendone la motivazione all'autodifesa.
Oltre a ciò, Wurmser è un'esperta di questioni mediorientali qualificata, faconda e di fama internazionale, la cui presenza è in grado di trasformare qualunque "iniziativa pubblica, trasmissione radiofonica o spettacolo televisivo in un evento unico", secondo Benador Associates, una società di pubbliche relazione che cura la sua immagine.
Nessuno, per quanto ne so, ha mai messo in discussione la qualità delle traduzioni del Memri: sono infatti ben altre le ragioni per cui il suo operato suscita preoccupazioni.
L'e-mail diffusa la settimana scorsa, secondo cui Saddam Hussein avrebbe ordinato di tagliare le orecchie ai disertori, era un estratto di un lungo articolo uscito sul giornale in lingua araba al-Hayat: l'autore dell'articolo, Adil Awadh, sosteneva che le sue fossero notizie di prima mano.
In realtà, le dichiarazioni di Awadh risalgono a quattro anni orsono, quando il giornalista aveva forti motivazioni personali per diffonderle. Secondo un articolo uscito sul Washington Post nel 1998, Awadh inserì il racconto delle amputazioni nella sua richiesta di asilo politico negli Stati Uniti. Awadh era infatti stato arrestato negli USA insieme ad altri cinque iracheni perché sospettato di essere un terrorista o un agente segreto iracheno, e cercava così di dimostrare che gli americani si stavano sbagliando.
Quest'anno, il Memri ha ottenuto due ottimi risultati per la propaganda contro l'Arabia Saudita. Il primo è stato raggiunto grazie alla traduzione di un articolo del giornale al-Riyadh in cui un'editorialista accusava gli ebrei di usare sangue di bambini cristiani o musulmani per impastare i dolci da servire per la festa di Purim. L'autrice dell'articolo, pur essendo una docente universitaria, riportava evidentemente un vecchio aneddoto antisemita che risale addirittura al Medioevo: l'unica cosa che questo articolo poteva dimostrare era quindi l'ignoranza di molti arabi - anche di cultura universitaria - sull'ebraismo e su Israele e la loro credulità nei confronti di storie così assurde. Il Memri è invece arrivato a sostenere che al-Riyadh fosse un "giornale di Stato" - mentre appartiene a una società privata - quasi a indicare che questo articolo fosse approvato a livello istituzionale.
Il direttore di al-Riyadh, che ha sostenuto di non aver visto l'articolo prima della pubblicazione in quanto si trovava all'estero, si è affrettato a porgere le sue scuse e a licenziare l'editorialista, ma ormai il danno era fatto.
Il secondo successo riscosso dal Memri è del mese successivo, quando l'ambasciatore saudita a Londra ha scritto una poesia intitolata "I martiri" su di una giovane donna kamikaze, pubblicandola sul quotidiano al-Hayat. Il Memri ha diffuso alcuni estratti tradotti della poesia, sostenendo che "decantava i kamikaze". Se questo sia il vero messaggio della poesia dipende dalle interpretazioni: è più plausibile che l'opera vada letta come una condanna dell'inefficacia politica dei leader arabi, ma i media occidentali hanno rilanciato l'interpetazione del Memri quasi senza metterla in discussione.
I due incidenti che hanno coinvolto l'Arabia Saudita non vanno visti come fatti isolati, ma fanno parte di una campagna contro questo paese, volta a convincere gli Stati Uniti a trattarlo da nemico anziché da alleato, una campagna intrapresa dal governo israeliano e dai neoconservatori americani fin dall'inizio di quest'anno: uno dei suoi aspetti è stato lo stravagante briefing antisaudita tenuto da Richard Perle al Pentagono un mese fa.
Agli occhi di chi legge regolarmente i quotidiani arabi, è evidente che il Memri rilancia solo le notizie che collimano con la sua agenda e che non fornisce un campione rappresentativo dei contenuti generali delle testate.
Il pericolo è che molti parlamentari e opinion makers che non sanno l'arabo, ma ricevono le e-mail del Memri, si facciano l'idea che questi estremismi siano non soltanto rappresentativi, ma anche conformi alle politiche degli Stati arabi.
Il Colonnello Carmon, dal canto suo, sembra ben lieto di diffondere questa convinzione. Chiamato a Washington in aprile per rendere una dichiarazione alla commissione della Camera dei Rappresentanti per le relazioni internazionali, il Colonnello ha infatti rappresentato i media arabi nel quadro di un vasto sistema di indottrinamento governativo.
"I media controllati dagli Stati arabi diffondono odio nei confronti dell'Occidente, specialmente degli Stati Uniti", ha detto. "Prima dell'11 settembre, spesso si trovavano articoli che approvavano o addirittura caldeggiavano attentati terroristici contro gli USA...".
"Talvolta gli Stati Uniti sono paragonati alla Germania nazista, il Presidente Bush a Hitler, Guantanamo ad Auschwitz", ha spiegato.
Parlando della rete satellitare Al-Jazeera, Carmon ha aggiunto: "quasi tutti gli ospiti e le persone che telefonano in studio sono palesemente antiamericani e antisemiti".
Purtroppo, di questi tempi, è su generalizzazioni semplicistiche come queste che si fonda la politica estera americana.
Quanto ai rapporti tra l'Occidente e il mondo arabo, quella linguistica è una barriera che perpetua l'ignoranza e che lascia ampio spazio al malinteso. Basta un gruppo di israeliani, sparuto, ma attivo, per sfruttare ad arte questa barriera per deteriorare l'opinione occidentale sugli arabi.
Non è difficile capire che cosa potrebbero fare gli arabi per contrastare questo fenomeno. Basterebbe che un gruppo di società editoriali arabe si accordasse per pubblicare una selezione di traduzioni volte a dare un'immagine più veritiera del contenuto dei loro giornali. Senz'altro non si tratta di un'impresa al di sopra dei loro mezzi, ma, come spesso avviene, forse preferiscono lasciar fare, per poi lamentarsi delle macchinazioni dei veterani dell'intelligence israeliana.
Sorgente: Peacelink
In aggiunta ecco un nuovo servizio di Al-Jazeera english sul tema di MEMRI.
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