Egitto: I fedeli dell’ancien régime dietro la caduta di Morsi

IL CAIRO. Fra di loro anche Naguib Sawiris, fratello maggiore del magnate di Andermatt Samih.

20 minuti, 11.07.2013
Cosa ci si aspetta da un Paese appena uscito da un golpe militare e che tenta a fatica di insediare un governo provvisorio? In principio che tutti i servizi forniti direttamente o indirettamente dallo Stato siano allo sbando. In Egitto, dopo la caduta del presidente Morsi, sorprendentemente avviene proprio il contrario: scomparse le colonne alle pompe di benzina causate dalla penuria di carburante, finiti gli esasperanti blackout elettrici e ritorno della polizia a garantire la sicurezza per le strade.

Per la Fratellanza musulmana e per gli egiziani più smaliziati, l’improvvisa scomparsa di questi che erano importanti motivi di malcontento contro il presidente islamista ha una ragione chiara: il personale rimasto in servizio dopo la caduta dell’ex-presidente Mubarak e a lui fedele ha remato contro Morsi facendo il possibile per far peggiorare la qualità della vita sotto la sua presidenza e creare così malcontento. «Hanno preparato il golpe», si lamenta con il New York Times Nasir al-Farash, portavoce ministeriale sotto Morsi. «Diversi cerchi dello Stato [...] hanno collaborato a creare la crisi». D’altronde non sono stati gli unici fedeli a Mubarak, o “fulul”, a lavorare per la caduta degli islamisti. Anche Naguib Sawiris – fratello del più noto (alle nostre latitudini) Samih e presidente di Orascom – ha palesato il proprio appoggio alla ribellione. Mercoledì, il milionario egiziano ha dichiarato di aver supportato il movimento “Tamarrud”, “Ribellione”, offrendo ai suoi membri l’utilizzo di tutte le sedi del partito da lui creato, gli “Egiziani liberi”, e pubblicizzando l’organizzazione attraverso il proprio network Tv e il proprio giornale. «“Tamarrud” non sapeva neanche che dietro tutto questo c’ero io», ha spiegato al New York Times, «non me ne vergogno».

Fonte: 20 minuti, del 11.07.2013

Nel video segnalato c’è l’intervista a Mohamed Soudan, responsabile degli affari esteri di Giustizia e Libertà, realizzata nella prima parte ad Alessandria e nella seconda via skype. Lui denuncia un nuovo stato di polizia che ha cancellato i sogni di democrazia raggiunti con la rivoluzione del 25 gennaio 2011, che permise l’elezione libera di Mohammed Morsi. Parla di tutto quello che è accaduto dal 30 giugno come una perdita di tempo e di soldi, di nuovi problemi voluti da Tamarod, che ha avallato di nuovo una struttura militare al Governo. Per Soudan questo sta reprimendo, arrestando, torturando ed uccidendo.




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