Anti-burqa: “Sono idee razziste copia e incolla che si diffondono come un virus” - il Caffé - 15.09.2013
Fonte: "Il Caffé" del 15.09.2013
L’attesa, le paure e la replica delle comunità islamiche del Paese
La comunità islamica del Ticino attende l’esito della votazione di domenica 22 settembre con un misto di rassegnazione e di orgoglio. Più che la paura dell’allargarsi della crepa creata dal voto contro i minareti” del 2009, il timore è che il sentimento anti-islamico si diffonda ancor di più. Timori come quelli espressi dalle donne musulmane presenti tra il folto pubblico per il dibattito: “Burqa: libertà di chi per chi”, che si è tenuto govedì scorso al Palazzo dei congressi di Lugano.
“Una fede non si cancella. Non ci sono riusciti i regimi comunisti in sessant’anni e non ci riusciranno certo le forze di estrema destra ticinesi - afferma senza nascondere la sua amarezza il presidente della Lega dei musulmani ticinesi, Gasmi Slaheddine -. Siamo pronti ad assorbire l’impatto di quello che già prevediamo essere un successo del divieto di ‘dissimulare il volto’, ma non è questa decisione che ci sgomenta. La nostra paura è per i riflessi che questa votazione avrà”. Si teme l’effetto rimbalzo, il contagio dell’islamofobia: “Come avvenuto in Francia su più ampi strati della popolazione di queste idee razziste copia e incolla che nascondono solo una manifestazione d’odio verso la nostra fede. Il velo non c’entra nulla, diciamolo, il vero obiettivo da colpire è la fede islamica”. Non meno duro il presidente dell’Associazione delle organizzazioni islamiche di Zurigo, Muhammad Hanel, che risponde affermativamente alla domanda se un’iniziativa come quella ticinese non contribuisca ad alzare il muro della diffidenza. “L’iniziativa - dice - è un ulteriore, spiacevole ostacolo all’integrazione, che si riallaccia ad altri episodi, come il voto sui minaretti, ad altri attacchi sul velo islamico o contro i cimiteri mussulmani”. Per lui, nel caso di un sì, si deve mettere in conto che possa costituire un precedente anche per altri cantoni.
Non si capacita, invece, l’Imam di Viganello per come il divieto di “dissimulazione del viso” si sia trasformato in un referendum antiburqa: “Indipendentemente dall’esito della consultazione, mi ha colpito il basso livello del dibattito, confuso, poco serio per non dire manipolato spiega Sheik Samir Jelassi Radouan -. Non ho sentito una parola sulla convivenza pacifica, sul rispetto della fede, l’apertura, l’integrazione... Mi aspettavo voci sagge di politici, intellettuali, anche di religiosi; invece ho notato un silenzio
preoccupante su un voto la cui vera natura sfugge ai cittadini e non riguarda la nostra realtà di musulmani. È diventato un sì o no al burqa che, tra l’altro, non esiste come problema in Ticino né Svizzera”. Oltre a rinfocolare pregiudizi già surriscaldati dal voto “anti minareti” , per l’Imam il voto danneggia ulteriormente l’immagine del Paese. “Ancora una volta si punta alla pancia dei cittadini e non al cervello - conclude Radouan -. L’immagine del modello svizzero, dei suoi valori fatti di neutralità, multietnismo e multiculturalità, subisce un colpo durissimo che influenzerà non poco l’opinione all’estero, turisti inclusi”
Fonte: domenicale"Il Caffé" del 15.09.2013
Leggi anche:
L’attesa, le paure e la replica delle comunità islamiche del Paese
La comunità islamica del Ticino attende l’esito della votazione di domenica 22 settembre con un misto di rassegnazione e di orgoglio. Più che la paura dell’allargarsi della crepa creata dal voto contro i minareti” del 2009, il timore è che il sentimento anti-islamico si diffonda ancor di più. Timori come quelli espressi dalle donne musulmane presenti tra il folto pubblico per il dibattito: “Burqa: libertà di chi per chi”, che si è tenuto govedì scorso al Palazzo dei congressi di Lugano.
“Una fede non si cancella. Non ci sono riusciti i regimi comunisti in sessant’anni e non ci riusciranno certo le forze di estrema destra ticinesi - afferma senza nascondere la sua amarezza il presidente della Lega dei musulmani ticinesi, Gasmi Slaheddine -. Siamo pronti ad assorbire l’impatto di quello che già prevediamo essere un successo del divieto di ‘dissimulare il volto’, ma non è questa decisione che ci sgomenta. La nostra paura è per i riflessi che questa votazione avrà”. Si teme l’effetto rimbalzo, il contagio dell’islamofobia: “Come avvenuto in Francia su più ampi strati della popolazione di queste idee razziste copia e incolla che nascondono solo una manifestazione d’odio verso la nostra fede. Il velo non c’entra nulla, diciamolo, il vero obiettivo da colpire è la fede islamica”. Non meno duro il presidente dell’Associazione delle organizzazioni islamiche di Zurigo, Muhammad Hanel, che risponde affermativamente alla domanda se un’iniziativa come quella ticinese non contribuisca ad alzare il muro della diffidenza. “L’iniziativa - dice - è un ulteriore, spiacevole ostacolo all’integrazione, che si riallaccia ad altri episodi, come il voto sui minaretti, ad altri attacchi sul velo islamico o contro i cimiteri mussulmani”. Per lui, nel caso di un sì, si deve mettere in conto che possa costituire un precedente anche per altri cantoni.
Non si capacita, invece, l’Imam di Viganello per come il divieto di “dissimulazione del viso” si sia trasformato in un referendum antiburqa: “Indipendentemente dall’esito della consultazione, mi ha colpito il basso livello del dibattito, confuso, poco serio per non dire manipolato spiega Sheik Samir Jelassi Radouan -. Non ho sentito una parola sulla convivenza pacifica, sul rispetto della fede, l’apertura, l’integrazione... Mi aspettavo voci sagge di politici, intellettuali, anche di religiosi; invece ho notato un silenzio
preoccupante su un voto la cui vera natura sfugge ai cittadini e non riguarda la nostra realtà di musulmani. È diventato un sì o no al burqa che, tra l’altro, non esiste come problema in Ticino né Svizzera”. Oltre a rinfocolare pregiudizi già surriscaldati dal voto “anti minareti” , per l’Imam il voto danneggia ulteriormente l’immagine del Paese. “Ancora una volta si punta alla pancia dei cittadini e non al cervello - conclude Radouan -. L’immagine del modello svizzero, dei suoi valori fatti di neutralità, multietnismo e multiculturalità, subisce un colpo durissimo che influenzerà non poco l’opinione all’estero, turisti inclusi”
Fonte: domenicale"Il Caffé" del 15.09.2013
Leggi anche:
Comments
Post a Comment